venerdì 4 aprile 2008

Martin Luther King

Nel quarantesimo anniversario della morte di Martin Luther King pubblico un ricordo scritto da Gianni Cerutti.

Nel bailamme quotidiano, nella pochezza delle proposte politiche offerte in questo periodo pre-elettorale, all’insulsaggine di qualche manifesto elettorale che, con pugno alzato, urla che spedirà i clandestini a casa loro, credo sia giusto ricordare anche da questo blog che proprio quaranta anni fa due colpi di fucile mettevano fine alla vita di Martin Luther King.
L’omicidio avveniva in un’America in cui muri di odio e pregiudizio separavano la maggioranza bianca da milioni di uomini e donne di colore, considerati cittadini di serie B. Anche se l’apartheid non c’era più dal 1954, nel 68 il K K K imperversava negli stati del sud, i neri sugli autobus viaggiavano in posti riservati, le fontanelle dell’ acqua potabile erano separate per i neri e per i bianchi…
Proprio oggi ho sentito un brano di un suo discorso tenuto il giorno prima della morte e spero di non annoiare nessuno se lo ripropongo di seguito (è il discorso detto della montagna, meno celebre di quello del sogno, ma carico di presagi):

…e alcuni hanno cominciato a riferire le minacce, o a parlare delle minacce che erano state fatte, o a dire quel che mi sarebbe potuto accadere a causa di qualche nostro fratello bianco malato.
Ebbene, non so che cosa accadrò d’ora in poi; ci aspettano giornate difficili.
Ma davvero, per me non ha importanza, perché sono stato sulla cima della montagna.
E non m’importa.
Come chiunque, mi piacerebbe vivere a lungo: la longevità ha i suoi lati buoni.
Ma adesso non mi curo di questo.
Voglio fare soltanto la volontà di Dio.
E Lui mi ha concesso di salire fino alla vetta.
Ho guardato al di là, e ho visto la terra promessa.
Forse non ci arriverò insieme a voi.
Ma stasera voglio che sappiate che noi, come popolo, arriveremo alla terra promessa.
E stasera sono felice.
Non c’é niente che mi preoccupi, non temo nessun uomo.
I miei occhi hanno visto la gloria dell’avvento del Signore.


L’anno prima nel famoso discorso che il 28 agosto 1963 tenuto durante la marcia per il lavoro e la libertà davanti al Lincoln Memorial di Washington concludeva dicendo:

Ho un sogno, che un giorno questa nazione sorgerà e vivrà il significato vero del suo credo: noi riteniamo queste verità evidenti di per sé, che tutti gli uomini sono creati uguali.
Ho un sogno, che un giorno sulle rosse montagne della Georgia i figli degli ex schiavi e i figli degli ex padroni di schiavi potranno sedersi insieme alla tavola della fraternità. Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, dove si patisce il caldo afoso dell’ingiustizia, il caldo afoso dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e di giustizia.
Ho un sogno, che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in cui non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per l’essenza della loro personalità.


Se in questi quarant’anni la storia è così profondamente cambiata lo si deve a Martin Luther King. Sarò forse pieno di retorica, ma, mentre l’Italia vive ore di angoscia per il futuro del simbolo della DC e per i maldipancia di Pizza che tiene per le p….e l’intero mondo politico, mentre tutti ora sono schierati a difesa della Malpensa e 8 anni fa erano tutti schierati contro l’aereoporto-mostro che inquinava il mondo intero, mentre il cinquanta percento degli italiani spera che tra 10 giorni si potrà finalmente costruire il ponte di Messina, leggere di questo cose mi fa sperare che in mondo sarà migliore. E questo grazie a persone come Luther King allora, ai monaci birmani tre mesi fa, al popolo tibetano ora.
Gianni

1 commento:

Anonimo ha detto...

Svegliati! Svegliati!
La Terra ti sorride.
Svegliati, e sta’ pronto
al giorno che comincia.
Potente Sole,
dacci la Luce
perché ci guidi,
perché ci aiuti.
Guarda come sorge,
guarda come la Terra ne risplende,
e come gode lo spirito nel petto.
Svegliati! Svegliati!
La Madre della vita
ti sta chiamando,
ti saluta,
e allora forza, Svegliati! sabato 5 aprile 2008
Da un canto APACHE

Il ricordo di M.L. Kin, scritto da Gianni, mi ha fatto tornare in mente questo canto Apache che è un invito a tutti Noi!